La battaglia del pastificio
2
luglio 1993, Somalia. All’interno della missione “Ibis” il Comando Italfor
lancia l’operazione “Canguro 11”. Erano le 5 del mattino quando due colonne
meccanizzate (Alfa e Bravo) per un
totale di 550 militari italiani e 400 poliziotti somali rastrellano il
quartiere Haliwaa, a nord di Mogadiscio. Nei pressi di un ex pastificio viene
costituito un posto di blocco, il check-point Pasta. Secondo alcune fonti il
vero obiettivo dell’operazione era la cattura del generale Aidid.
Al
termine del rastrellamento, mentre le due colonne stanno per fare rientro alla
base, improvvisamente scoppiano i disordini ai quali partecipa la popolazione
locale e mischiati fra loro alcuni cecchini.
Secondo
il Capitano Gianni Adami, pilota di elicotteri da combattimento, coinvolto
negli scontri dal cielo <Probabilmente
durante il rastrellamento la brigata aveva scoperto qualcosa che non doveva
scoprire>, <un deposito di armi
di Aidid o Aidid stesso> secondo la testimonianza del generale Bruno
Loi, comandante tattico dell’operazione Ibis.
Negli
scontri il primo caduto italiano fu il caporale Pasquale Baccaro del 186°
reggimento Folgore, il vcc (veicolo da combattimento corazzato) venne colpito
da un razzo, gli altri due occupanti rimasero feriti. Venne successivamente deciso
di utilizzare l’appoggio via aerea degli elicotteri Mangusta A129 ed AB205.
Mentre
i soldati italiani tentavano di rimettere in moto un blindato immobilizzato con
i fanti appiedati a rastrellare la zona circostante venne colpito a morte il
sergente maggiore Stefano Paolicchi appartenente al 9° reggimento Col Moschin.
Lo
scontro si intensificò fino al punto che carri M60 fecero fuco contro dei
container utilizzati come scudo dai miliziani e un missile TOW sparato da un
elicottero italiano centrò un VM90 italiano catturato dai somali.
Il
terzo caduto è il sottotenente Andrea Millevoi dell’8° reggimento Lancieri di
Montebello, colpito da un cecchino mentre accorso sul luogo degli scontri con
la sua colonna di blindi Centauro si sporgeva dal suo mezzo per dirigere il
fuoco della mitragliatrice 12,7 mm.
Oltre
alle tre perdite in quella giornata vi furono secondo fonti ufficiali anche 22
feriti fra le fila del contingente italiano. Le perdite somale si calcola
furono 67 e 103 i feriti, molti di più secondo fonti non confermate.
L’allora
sottotenente Gianfranco Paglia, gravemente ferito nell’atto di trarre in salvo
l’equipaggio di un blindato colpito, dichiarò: <La zona era tranquilla per chi ci aveva portato dentro, per me non era
tranquilla, io non ci sarei mai entrato>.
L’operazione
Ibis a cavallo tra il 1993 e il 1994 contò in totale 11 perdite tra i nostri
soldati, tra i quali il maresciallo Licausi dei servizi segreti.
Nella
Somalia di quel periodo trovarono la morte anche una donna della Croce Rossa Italiana,
la giornalista Ilaria Alpi e l’operatore Miran Hrovatin, questi ultimi uccisi
in un agguato in quanto secondo alcune ricostruzioni stavano indagando sul
traffico di scorie radioattive.
Un
ulteriore strascico di quella missione e dei fatti del 2 luglio potrebbe
riguardare la morte in circostanze ancora da chiarire avvenuta a Livorno del
maresciallo Mandolini, incursore del Col Moschin capo scorta del Generale Loi a
Mogadiscio.
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