martedì 12 novembre 2013

La strage di Nassirya, dieci anni dopo



E’ stato il più grande tributo di sangue dalla fine della seconda guerra mondiale: 12 carabinieri, 5 militari dell’esercito e 2 giornalisti, oltre cinquanta i feriti e 9 i morti fra gli iracheni.
Le dinamiche dell’attentato sono ormai note. Erano le 10.40 del 12 novembre 2003 quando un camion cisterna pieno di esplosivo sopraggiunge e salta in aria davanti alla base della Msu (Multinational Specialized Unit) provocando l’esplosione del deposito di munizioni. Le ipotesi e le polemiche sulla vulnerabilità della base sono molteplici.

Aureliamo Amadei, regista sopravvissuto alla strage, in un intervista dichiara <la prima cosa che ho notato alla base è che c’era una enorme differenza tra la base che avevo incontrato nel deserto e questa nel centro di Nassiriya, assomigliava alle caserme dei Carabinieri in una città occidentale, aveva semplicemente una curva per entrare, una semplice sbarra di ingresso e una recinsione di hesco bastion molto bassa intorno> e prosegue <i carabinieri che vivevano nella base erano a perfetta conoscenza del pericolo e avevano più volte inviato rapporti sulla situazione>.
Meno netta la posizione del giornalista di guerra Fausto Biloslavo che sostiene <la base sarebbe stata resa parzialmente sicura solo dal blocco del ponte e della via principale davanti alla caserma>.
L’ex brigadiere dei Carabinieri Piero Follesa, congedato per disturbo da stress post-traumatico, dichiara che la caserma fu attaccata perché non abbastanza protetta.

L’inchiesta condotta dall’Esercito sostiene che la base posta la centro della città era erroneamente priva di un percorso a zig-zag per entrare al suo interno, differente la conclusione a cui giunge l’inchiesta dei Carabinieri che non evidenzia omissioni in merito all’organizzazione della sicurezza della base.   
La certezza di aver perso degli uomini che compievano il loro dovere come ogni giorno e ai quali va il nostro perpetuo ricordo e la nostra preghiera.

Requiem aeternam dona eis, Domine.

venerdì 11 ottobre 2013

Immigrazione: stragi e costi


Il bilancio forse ancora non del tutto definitivo è di 339 morti. Alcune stime parlano del rischio di recuperare fino a cinquecento cadaveri.  Come spesso accade in questi casi divampano le polemiche. Chi pro e chi contro l’immigrazione. Il ministro dell’integrazione Kyenge al convegno dei giovani di Confindustria dichiara: <l’integrazione è uno dei fattori per lo sviluppo economico del nostro paese>. A queste dichiarazioni ufficiali, altri contrappongono i costi: 1 miliardo e 668 milioni di euro complessivi tra risorse nazionali e comunitarie spese nel periodo 2005-2012 per il programma di contrasto all’immigrazione clandestina (controllo delle frontiere, sicurezza per il Mezzogiorno, nuove tecnologie per l’identificazione, rimpatri), e che il 95% dei detenuti stranieri è clandestino o risiede irregolarmente nel nostro paese.
Mentre a Lampedusa, va in scena la sfilata delle autorità politiche, in Sicilia proseguono gli sbarchi. Il presidente della Commissione Ue Barroso esclama: <voglio vedere con i miei occhi e valutare cosa possiamo fare insieme>. Il presidente del Parlamento europeo Schulz invoca <un urgente e nuova strategia Ue sull’immigrazione>.
Restano due fatti indiscutibili: che esistono organizzazione criminali – spesso libiche – che disprezzano le vite umane da una parte e la generosità del popolo italiano dall’altra che nonostante le difficoltà economiche e sociali che sta attraversando si prodiga nel concreto ad aiutare, come sempre.

Mors omnia solvit

sabato 8 giugno 2013

Gay pride, crisi economica e politica





Anche quest’anno si svolge la consueta manifestazione dell’orgoglio omossessuale conosciuta come Gay pride. Alla Manifestazione a Palermo, per la prima volta, partecipa il Governo Italiano: Laura Boldrini Presidente della Camera dei deputati e Josefa Idem Ministro per le pari opportunità. La manifestazione ha anche il patrocinio della città e della provincia di Palermo,  della regione Sicilia, dell’Università di Palermo e del Coni. Madrina dell'iniziativa anche l’attrice Maria Grazia Cucinotta. In una nota ufficiale gli organizzatori affermano che: <Le istituzioni dello Stato hanno il dovere di schierarsi in favore della difesa e della promozione dei diritti di tutti i cittadini e di adoperarsi attivamente perché i diritti vengano garantiti da una legislazione adeguata>. 
Coloro che invece si oppongono a tali manifestazioni oltre, in primis, all’aspetto morale, indicano la non opportunità proprio nell’estensione dei diritti e il loro conseguente costo per le casse dello stato. Mentre infatti era in corso l’evento con le dichiarazioni di Boldrini e Idem, venivano diffusi i dati aggiornati della crisi: 550.000 posti di lavoro persi dal 2007 e il 15% del potenziale industriale italiano andato distrutto, come in guerra. E Indest annuncia il licenziamento di 1425 lavoratori. Sempre più un Italia in difficoltà e ancora una volta la politica fuori dai bisogni concreti della gente comune.

Cui bono?

giovedì 14 marzo 2013

Papa Francesco I




Primo papa del continente americano. Terzo papa non italiano consecutivo. Il primo a scegliere il nome del santo di Assisi. Papa Francesco I è il 266° successore di San Pietro. Senza dubbio la sua elezione è una sorpresa. E' anche la prima volta di un gesuita sul Soglio Pontificio. Papa Bergoglio esordisce dicendo: <Cari fratelli e sorelle buona sera. Voi sapete che il Papa è vescovo di Roma ma sembra che i i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui> e prosegue rivolgendo una preghiera a Benedetto XVI, il suo predecessore. Dopo essersi soffermato sull'inizio del cammino della Chiesa di Roma da fare insieme ai fedeli conclude implorando una preghiera per lui come era nel suo stile anche quando era cardinale.
Il nuovo pontefice, nato a Buenos Aires nel 1936, conserva comunque un legame con il vecchio continente, con l'Italia in particolare. Il bisnonno di Jorge Mario Bergoglio era infatti natio della provincia di Asti.
I primi commentatori lo descrivono come papa progressista, in quanto a suo tempo portato avanti dal cardinale Martini, ma ai tempi di oggi probabilmente sono etichette troppo strette e poco confacenti alla complessità del ruolo.

 Miserando atque eligendo

sabato 2 marzo 2013

Elezioni politiche 2013


Le recenti elezioni politiche hanno regalato molti dubbi e poche certezze.

Partiamo da queste ultime. Gianfranco Fini, che dal 1983 sedeva in parlamento, non viene confermato dagli elettori; Fli ottiene soltanto lo 0,47%. L’ex presidente della Camera appena chiuse le urne dichiara: “per l’Italia il peggio deve venire”. Casini, l’altro fiasco di questa tornata elettorale, più compassato dice: “nella vita si vince e si perde”. Sempre restando al centro, Mario Monti con la sua lista si attesta intorno all’8%, forse troppo freschi negli italiani, i ricordi della super austerità economica (con i suoi 3 milioni di disoccupati) da lui imposta o forse perché un tecnico non doveva salire in politica. La delusione nel corso delle interviste è mitigata dal fatto che la lista è stata creata in pochi giorni. 
La lista di Giannino e le sue idee innovatrici per il sistema economico-finanziario italiano è stata travolta poco prima del voto dalla vanità del suo stesso fondatore. Il partito dei pm Ingoria-Di Pietro è stata snobbata dall'elettorato. La Lega Nord di Maroni tiene dopo la difficile eredità di Bossi con i suoi pro e suoi contro. A destra la consueta parcellizzazione dei voti tra Storace, la neonata formazione della Meloni, e altre liste minori attribuibili a quell'universo politico.

Ma veniamo ai big e anche ai dubbi. Bersani e il suo Pd con la vittoria in tasca si è fatto raggiungere dal Pdl nel quale è sempre più palese l’essere Berlusconi dipendente. Il fenomeno del Movimento 5 stelle del comico Grillo, vero vincitore di queste elezioni politiche, è ciò che agita i mercati e ancora di più la vecchia politica, quella della prima repubblica, della seconda e di quante ne verranno. Un movimento del quale, ad oggi, si conosce la sua mente, l’imprenditore Gianroberto Casaleggio (che ispira i discorsi, ma non parla) e il suo volto simpatico, il comico Beppe Grillo. Difficile, invece, conoscere e prevedere l’evolversi del movimento all'interno del sistema parlamentare e istituzionale; c’è da formare un nuovo governo, eleggere i presidenti di Camera e Senato, eleggere il Presidente della Repubblica e uno dei pilastri del movimento è la non-alleanza con i partiti tradizionali. 
Pd, Pdl, Grillo una difficile matassa da sbrogliare, chissà che non ne approfitti qualcuno? Qualcuno che esce tecnicamente sconfitto da queste elezioni…

Cui prodest?

mercoledì 30 gennaio 2013

La vicenda di Asia Bibi



Asia Noreen Bibì, contadina pakistana, cristiana, è stata condannata a morte per impiccagione con l'accusa di blasfemia.
La vicenda risale al 2009, quando ad Asia Bibi nello svolgimento del suo lavoro venne chiesto di andare a prendere dell'acqua. Le donne musulmane glielo impedirono perché, essendo cristiana non avrebbe dovuto toccare il recipiente per l’acqua. Le stesse donne l' hanno accusata di aver offeso Maometto nel corso della discussione che ne seguì. La sua lettera dal carcere dove è tutt'ora reclusa:
 <<Scrivo da una cella senza finestre.
Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buo­na volontà dalla mia cella senza finestre, nel modulo di isolamen­to della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata con­dannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profe­ta Maometto.
Dio sa che è una sentenza ingiusta e che il mio unico de­­litto, in questo mio grande Paese che amo tanto, è di essere cattolica. Non so se queste parole usciranno da questa prigione. Se il Signore miseri­cordioso vuole che ciò avvenga, chiedo (...) di pregare per me e intercedere presso il presidente del mio bellissi­mo Paese affinché io possa recuperare la libertà e tornare dalla mia fa­miglia che mi manca tanto. Sono sposata con un uomo buono che si chiama Ashiq Masih. Abbia­mo cinque figli, benedizione del cielo: un maschio, Imran, e quattro ra­gazze, Nasima, Isha, Sidra e la piccola Isham.
Voglio soltanto tornare da loro, vedere il loro sorriso e riportare la serenità. Stanno soffrendo a cau­sa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nel­la mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha of­ferto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho rin­graziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta one­stà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musul­mana. «Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui».
Due uomini giusti sono stati assassinati per aver chiesto per me giusti­zia e libertà. Il loro destino mi tormenta il cuore. Salman Taseer, gover­natore della mia regione, il Punjab, venne assassinato il 4 gennaio 2011 da un membro della sua scorta, semplicemente perché aveva chiesto al governo che fossi rilasciata e perché si era opposto alla legge sulla bla­sfemia in vigore in Pakistan. Due mesi dopo un ministro del governo na­zionale, Shahbaz Bhatti, cristiano come me, fu ucciso per lo stesso mo­tivo. Circondarono la sua auto e gli spararono con ferocia.
Mi chiedo quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Pae­se. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere. Ho provato u­na grande emozione quando ho saputo che il Santo Padre Benedetto XVI era intervenuto a mio favore. Dio mi permetta di vivere abbastan­za per andare in pellegrinaggio fino a Roma e, se possibile, ringraziarlo personalmente.
Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi per­metta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.>>

Frangar, non flectar